Prassi del Tribunale di Sorveglianza di Roma

Tra le proteste dei penalisti e gli impegni di cambiamento del nuovo Presidente

Carenza di personale ed atteggiamenti poco collaborativi da parte dei magistrati che comprimono il diritto di difesa sono le accuse mosse ormai da diversi anni dalla Camera penale di Roma al Tribunale di Sorveglianza della capitale, sottodimensionato e per molti anni senza Presidente posto al vertice.

Quello che dovrebbe essere il giudice delle pene, l’organo deputato alla giurisdizione rieducativa, vigilando sull’esecuzione della pena per renderla più formativa, applicando misure alternative alla detenzione o le sanzioni sostitutive, nella capitale opera a rilento e con grandi difficoltà oggettive ed organizzative.

La denuncia della Camera penale romana

Le principali denunce arrivano dalla Camera Penale di Roma attraverso cui i penalisti lamentano, ormai da diversi anni, le difficoltà organizzative degli uffici del Tribunale di Sorveglianza che comportano una grave limitazione del loro lavoro.

In particolare, così come manifestato in un recente documento di protesta, le violazioni più importanti si verificano sul piano operativo.

Negli uffici del Tribunale, infatti, è reso difficile compiere le più comuni operazioni di routine.

I difensori, infatti, faticano a conoscere l’esito delle istanze depositate, non riescono a dialogare con i magistrati, né a visionare tranquillamente i fascicoli nelle cancellerie.

A dimostrazione di questa situazione complessa vi sono i lungi tempi di attesa prima di accedere alle cancellerie che aprono alle ore 9:00.

Ben prima dell’orario di apertura, infatti, gli avvocati si presentano all’esterno, formando una fila con largo anticipo e attendendo numerose ore prima del loro turno, in condizioni di scomodità e lungo un corridoio poco attrezzato per le attese.

I rallentamenti sono dovuti poi alla scarsa presenza di personale all’interno degli uffici preposti al ricevimento degli avvocati dove vi sono soltanto due addetti che si occupano delle ricezione dei depositi, delle richieste delle copie e del rilascio di informazioni.

Le lunghe file, smaltite a grande rilento e senza alcuna organizzazione sarebbero, a parere degli avvocati, mortificanti per la professione specie in una fase molto delicata per i clienti, spesso detenuti, che è quella che riguarda l’esecuzione della pena.

Carenza di personale e limitazione delle misure alternative

La carenza di organico, sia dal lato degli amministrativi che dei magistrati, arreca inoltre gravi conseguenze in fase di istruttoria delle pratiche, dietro le quali vi sono persone in attesa di espiare una condanna o che stanno già espiando una pena.

La carenza di magistrati di ruolo e di persone ausiliario all’attività giudicante, inoltre, comporta una riduzione dei termini per le udienze.

In occasione delle sedute pubbliche, infatti, gli avvocati hanno l’obbligo di ridurre al massimo i loro interventi a casa del numero eccessivo di cause da trattare nell’arco della stessa giornata.

Lo stato contingentato in cui si opera, insomma, causerebbe una limitazione dell’effettivo diritto di difesa oltre a compromettere lo stesso funzionamento dell’ordinamento penitenziario e quindi l’applicabilità delle misure alternative alla detenzione, dei permessi premio, oltre a causare ritardi nelle decisioni sulla liberazione anticipata.

Ciò causerebbe, pertanto, una violazione dei diritti dei detenuti che avrebbero diritto ad espiare la pena in modo alternativo al carcere.

Proteste degli Avvocati Penalisti

A causa di questa situazione gli avvocati penalisti hanno indetto, nei negli e con cadenze puntuali, diversi scioperi protestando contro la violazione del diritto al contraddittorio paritario nel procedimento di sorveglianza tenuto a Roma, un tribunale, tra l’altro, che vede la trattazione di numerosi casi anche di 41 bis e collaboratori di giustizia.

La protesta dei penalisti riguarda l’efficacia del diritto di difesa che sarebbe compromessa dalla lentezza degli uffici la quel impedirebbe agli stessi di prendere visione per tempo dei fascicoli e quindi di arrivare preparati alle udienze.

Un soluzione, secondo l’avvocatura, potrebbe essere quella di pianificare meglio le interlocuzioni tra gli avvocati e la cancelleria del singolo magistrato di sorveglianza incaricato per la trattazione della pratica.

Oltre alle problematiche organizzative, inoltre, i penalisti hanno rincarato la dose accusando la magistratura di Sorveglianza romana di adottare un orientamento “carcero centrico” quindi una politica poco propensa a favorire l’applicazione delle misure alternative alla detenzione e perpetrare la detenzione in carcere.

Contro quest’ultima accusa è arrivata prontamente la risposta di Autonomia & indipendenza, l’associazione di magistrati che ha intravisto nelle iniziative dell’avvocatura romana e negli scioperi indetti un tentativo di compromissione della democraticità dei magistrati i quali devono sentirsi sempre liberi di adottare le decisioni in piena libertà di coscienza.

L’associazione ha finanche richiesto un intervento dello stesso CSM e del Ministro della Giustizia.

Un cambio di passo con il nuovo Presidente? 

Tuttavia, l’impegno assunto dal nuovo Presidente del Tribunale di Sorveglianza romano, nominato nel 2017, la dott.ssa Maria Antonia Vertaldi ha promesso un cambiamento.

La nuova dirigente, ha immediatamente ribadito il ruolo chiave assunto dalla Magistratura di Sorveglianza nella fase di esecuzione della pena e mirata, in primis, ad arginare  il fenomeno del sovraffollamento delle carceri.

Secondo il nuovo Presidente, infatti, il giudice della pena, che interviene a processo chiuso, svolge in realtà un ruolo cardine e di enorme responsabilità, specie quando si tratta dell’applicazione della concessione e revoca, in caso di insuccesso, delle misure alternative alla detenzione, affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, regime di semilibertà e liberazione anticipata.

A maggior ragione per un tribunale, quale quello a lei affidato, che registra molti condannati all’ergastolo e quelli in regime di 41 bis.

Altra prerogativa della Presidente è quella di attirare l’attenzione di CSM e Ministero della Giustizia sulla carenza di organico che investe il Tribunale di Sorveglianza capitolino costretto a  lavorare con una mancanza del 37% di amministrativi e disponendo di pochi magistrati rispetto al numero di pratiche assegnate.

Per far fronte alla carenza di persona che rallenta le maglie di un tribunale così importante per quanto mediaticamente in sordina quale è il tribunale di Sorveglianza, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, d’accordo con il Presidente Dott.ssa Maria Antonia Vertaldi, ha messo a disposizione due persone al fine di ridurre le attese e migliorare la comunicazione con gli avvocati.

In questa nuova sala, per giunta, gli avvocati potranno anche ottimizzare i tempi usufruendo di computer a loro disposizione nelle more di svolgere gli adempimenti di cancelleria.