Sospensione del processo penale e messa alla prova per i Militari

Protocollo con il Tribunale militare di Roma

Il carcere, si sa, è un’esperienza fortemente denigratoria per la personalità di chi la vive e proprio per questo nell’ordinamento penitenziario rappresenta la soluzione più estrema che si tenta di ridurre e limitare ai casi più gravi.

La necessità di favorire il recupero sociale dei colpevoli ma anche di alleggerire il carico giudiziario dei tribunali ha trovato un terreno fertile nel nuovo istituto della messa alla prova, accolto di buon grado non solo nel sistema processuale italiano ma anche in quello militare.

Per questo motivo, in data 28 febbraio 2019, è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra la Camera Penale di Roma insieme alla Procura Militare, l’avvocatura romana e l’Ufficio Interdistrettuale Esecuzione Penale Esterna (UIEPE) di Roma contenenti delle linee guida relative all’attuazione della messa alla prova nei procedimenti penali svolti dinnanzi alla magistratura militare.

La finalità di questo protocollo è di semplificare la procedura per la richiesta e la concessione di questo istituto attraverso il ricorso a modelli condivisi.

In particolare, considerando la vasta competenza territoriale del Tribunale Militare di Roma che estende la sua autonomia nelle regioni di Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Sardegna, si è inteso uniformare la procedura per l’accesso a questo importante strumento che,  se adoperato con successo, porta all’estinzione del reato.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e quali sono le modalità operative di questo protocollo.

La messa alla prova presso il Tribunale Militare di Roma

Reati di peculato e truffa militare, quali l’uso dell’auto aziendale per fini personali o  procedimenti riguardanti le assenze di militari dal luogo di servizio a fronte di una loro ufficiale presenza sul posto di lavoro, militari che, in difetto di previa autorizzazione, svolgano una seconda attività retribuita, reati di ingiuria e diffamazione mediante l’utilizzo di strumenti di comunicazione telematica, rivelazione di notizie di carattere riservato, reati di diserzione e simulazione di infermità al fine di sottrarsi al servizio militare sono solo alcuni esempi di reati militari commessi dal personale appartenente alle forze armate.

Per tutti questi reati intervengono, dunque, gli organi di giustizia militare. Anche presso il Tribunale militare di Roma che insieme a quello di Verona e Napoli costituisce uno dei tre Tribunali militari territoriali, è stato segnalato un frequente ricorso, specie in sede di udienza preliminare, all’istituto della messa alla prova che è stato introdotto dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, agli artt. 168-bis; 168-ter e 168-quater c.p.

Tale istituto che prevede la sospensione del processo penale con messa alla prova dell’imputato colpevole di aver commesso per reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva, non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, previa sua richiesta.

Con la messa alla prova l’imputato si impegna a risarcire il danno cagionato dal reato o a eliminare le conseguenze negative derivanti dal delitto, anche cooperando con la vittima del reato.

Inoltre, la messa alla prova coincide con l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, attraverso l’attuazione di un programma da svolgere presso enti che si occupano di volontariato e le prestazioni di lavoro di pubblica utilità.

Con questo intervento si è inteso quindi estendere anche agli imputati adulti un istituto tipicamente adottato nel processo penale minorile e soltanto con riferimento ad una determinata categoria di reati ritenuti di minore gravità sotto il profilo della pena.

Nessun dubbio sorge in merito all’applicazione dell’istituto della messa alla prova anche con riferimento agli imputati di reato militati e coinvolti in un processo davanti alla giustizia militare.

In tal senso, dunque, è indispensabile che l’avvocato difensore del militare coinvolto in un processo penale per un reato militare valuti la richiesta di sospensione del processo penale richiedendo la messa alla prova del suo cliente.

E’ importante sottolineare che la messa alla prova non comporta la sospensione o l’annullamento della contestazione disciplinare nei confronti del militare.

Se non inficia il procedimento disciplinare la messa alla prova, invece, comporta la sospensione del processo penale e l’affidamento dell’imputato all’UEPE (Ufficio esecuzioni penali esterne) che, valutando la scarsa rilevanza della sua condotta e l’importanza del suo reinserimento sociale, lo impiegherà in un programma prestabilito indirizzato verso i lavori di pubblica utilità, tenendo in considerazione anche la riparazione del danno causato alla vittima del reato.

E’ bene precisare che l’esito positivo della prova estingue il reato; in caso contrario il processo riprende dallo stesso punto in cui era stato sospeso. Anche per il militare, come per l’imputato comune, la richiesta di messa alla prova può essere fatta una volta sola.

Cosa prevede il protocollo di intesa

La messa alla prova anche per i reati commessi dagli appartenenti alle forze armate ha dimostrato il suo esito positivo, dimostrando quindi l’idoneità di questo istituto teso ad assicurare la funzione rieducativa della pena militare così evitata grazie alla sospensione del processo.

Grazie al protocollo con il Tribunale Militare di Roma anche per i militari sono state previste delle procedure più fruibili.

In particolare è previsto che l’indagato/imputato o il suo difensore formulano e depositano direttamente presso I’UEPE la richiesta di elaborazione di un programma di messa alla prova, indicando i seguenti dati: dati anagrafici del militare, grado ed ente militare di appartenenza, situazione di servizio (se in servizio effettivo, se in aspettativa, se in congedo ecc.) e del suo difensore, indicazione relative all’avvenuto risarcimento o ad un’offerta di risarcimento verso la vittima del reato o l’avvio di un’attività di mediazione, la descrizione del fatto con allegazione dei documenti più importanti e la dichiarazione di non aver usufruito in precedenza della messa alla prova.

La richiesta va fatta utilizzando l’apposita modulistica presso gli uffici UIEPE indicando, contestualmente, anche l’ente presso cui il militare intende svolgere il lavoro di pubblica utilità.

L’ufficio trasmette poi la richiesta la giudice che  il Giudice, fissa l’udienza, e sentite le parti presenti e la persona offesa citata, esaminato il programma di trattamento, dispone la sospensione del processo ed ammette alla prova il militare.

Grazie a questa procedura, in sostanza, si è inteso snellire ed agevolare una procedura che, al contrario, sarebbe stata un pò più macchinosa ed ostativa.